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LA DEVIANZA MINORILE: AUTORI E TEORIE

Di Federica

Viene definita devianza quella serie di comportamenti messi in atto da una persona che, per disadattamento, per conflitto sociale, per motivi ideologici, ecc., non si conforma alle norme sociali del gruppo del quale fa parte.

Il termine devianza si riferisce quindi ad un insieme di comportamenti accomunati dalla loro valenza trasgressiva.

La violazione delle norme è un comportamento molto diffuso tra i 12 ed i 16 anni.

Gli studiosi si sono a lungo interrogati sul motivo scatenante di un comportamento deviante. Esistono infatti, varie teorie e vari punti di vista che gli studiosi hanno fornito.

Le prime teorie sulla devianza:

Appartengono a un primo gruppo di teorie:

  • la concezione di devianza di Merton R.K. (1957) come forma di adattamento alle pressioni anomiche della società;
  • la teoria della delinquenza giovanile subculturale di Cohen (1955) che si riallaccia sia alla tradizione della Scuola di Chicago che alla teoria dell’anomia;
  • la teoria delle opportunità differenziali di Cloward e Ohlin (1960).
  • le strain theories si collegano alle indagini esplorative della Scuola di Chicago condotte nei primi decenni del XX secolo. A partire dall’osservazione degli alti tassi di criminalità in determinate aree urbane, era stato ipotizzato un nesso tra la disorganizzazione sociale e la disorganizzazione individuale dei giovani delinquenti.

La delinquenza sarebbe stata più diffusa in quelle aree urbane caratterizzate da un’alta densità di popolazione, da disuguaglianza culturale, da insufficienza dei servizi e da scarso controllo (Park, Burgess e Mckenzie, 1925).

Per un secondo gruppo di teorie si ha devianza dove siano presenti gruppi sociali non integrati sul piano culturale.

In questo modo le “norme” e i “valori” che prescrivono modelli di comportamento si trovano in contrasto con le norme e le convenzioni sociali più ampliamente condivise (Sutherland e Cressey, 1960).

La “teoria dell’associazione differenziale” elaborata da Sutherland, e da lui perfezionata in seguito con Cressey, è una teoria del comportamento delinquenziale come comportamento subculturale. La delinquenza originerebbe dall’apprendimento di un insieme di valori, norme ed atteggiamenti in contrasto con la cultura dominante.

La teoria dell’associazione differenziale ha, secondo De Leo (1981), una certa rilevanza esplicativa per il soggetto in età evolutiva che sta costruendo una propria dimensione normativa rispetto ai vari comportamenti da adottare.

Secondo Emler (1995) la “Teoria dell’associazione differenziale” non offre un modello interpretativo che spieghi perché individui non siano tutti conformi a codici delinquenziali, né perché la delinquenza sia più frequente durante l’adolescenza fra i maschi.

Per il terzo gruppo di teorie la devianza è il prodotto di processi di socializzazione primaria inadeguati.

In questo gruppo gli studiosi che hanno esaminato il rapporto tra stili educativi e comportamento deviante.

La “Teoria dell’apprendimento sociale” offre alcuni spunti per la comprensione dello sviluppo morale e dell’aggressività.

Per tutte le teorie la questione della devianza si pone come problema sociale dato, del quale interessa ricostruire le cause dei fattori sociali, culturali, psicologici e genetici.

In opposizione a queste teorie, si sviluppa un orientamento che mette in discussione la definizione ed il concetto stesso di devianza. Queste teorie non si pongono più l’obiettivo di capire perché si violino le norme, ma di comprendere i meccanismi attraverso i quali la devianza viene utilizzata.

Gli appartenenti alla Scuola di Chicago, come Lemert, Becker, Erikson e poi Goffman e Matza, l’analisi delle cause è sostituita dall’esame dei processi sociali ed istituzionali di controllo sociale.

Questa prospettiva sottolinea la natura simbolica delle interazioni umane e concepisce la devianza come risultato di un processo interattivo tra:

  • il soggetto che compie azioni;
  • le norme che di tali azioni definiscono il grado di liceità;
  • la reazione sociale all’infrazione delle norme;
  • le modificazioni dell’identità personale legate ai processi di etichettamento, stereotipizzazione ed esclusione.

In conclusione:

L’interazionismo simbolico sposta l’interesse dalle caratteristiche del soggetto che delinque e dalle condizioni sociali che porterebbero:

  • alla delinquenza all’evoluzione della devianza;
  • all’interazione tra processi di definizione, discriminazione e comportamento non conforme.

Nella letteratura criminologica minorile l’ambiente familiare occupa un posto di notevole considerazione ed interesse e rientra nel terzo gruppo di teorie sopra accennate. Questo è dato dalla grande importanza ed influenza che la famiglia esercita nello sviluppo del soggetto e nella formazione della sua personalità, e la sua funzione di filtro tra l’individuo ed il resto della società. Molti autori hanno cercato di fornire una lettura ed una spiegazione della devianza minorile attraverso l’individuazione di caratteristiche particolari relative all’ambiente familiare, alle sue dinamiche, alle figure parentali.

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